domenica 21 febbraio 2010

Sulle terapie riparative

Ho l'impressione che molte persone sappiano davvero poco sulle terapie riparative e sugli effetti devastanti che esse hanno sulle persone omosessuali ed in particolare su quelle persone che vivono in contesti sociali e famigliari avversi e difficili.
Di che cosa parliamo quando ci rifacciamo alle terapie riparative?
Dobbiamo innanzitutto citare alcuni “padri” fondatori delle terapie: Joseph Nicolosi, psicologo che opera ad Encino, California, e che ha fondato il NARTH (associazione nazionale per la ricerca e la terapia dell'omosessualità) e Gerard Van den Aardweg, psicologo olandese che lavora in America.
I due “terapeuti” hanno idee abbastanza simili su come “curare” gli omosessuali ma sono in disaccordo sull'origine dell'omosessualità-
Per entrambi non è possibile che l'omosessualità sia di origine genetica tanto che Aardweg arriva a negare l'esistenza dell'omosessualità (anche nel mondo animale) sostenendo che tutti nasciamo eterosessuali e che poi, a causa del mancato inserimento nel periodo adolescenziale nei gruppi di origine, si possono sviluppare tendenze omosessuali.
Nicolosi invece sostiene che l'omosessualità (si parla di bambini preomosesssuali per evitare un riconoscimento naturale all'omosessualità e si tende a confondere tale orientamento con quelle che vengono definite “disforie di genere” per poter patologizzare l'omosessualità) è il risultato della mancata identificazione del bambino nella figura paterna (padre assente, debole, madre forte e troppo presente). L'omosessuale quindi va alla ricerca di quella mascolinità che gli manca (?) e che egli trova negli altri uomini. La “riparazione” consiste proprio nella mascolinizzazione dell'omosessuale per evitare che egli la ricerchi in altri.
Entrambi poi mettono in evidenza la differenza fra omosessuali e gay. Gli omosessuali, secondo il loro pensiero, sono persone problematiche che non vivono bene la propria sessualità: depressi, maniacali, ossessionati dal sesso, aggressivi, deboli. Essi vogliono essere guariti.
I gay invece fanno parte di una minoranza politicizzata che, insieme ai movimenti femministi, vogliono ribaltare l'ordine originale della sessualità e dei ruoli.
Sul sito Alleanza Cattolica ( http://www.alleanzacattolica.org/) il buon Roberto Marchesini, psicologo e psicoterapeuta, membro di obiettivo chaire ( http://www.obiettivo-chaire.it ) sostiene che:
La Rivoluzione sessuale ha contribuito, con altre concause, alla crisi dell'istituzione familiare, e questa crisi non è a sua volta estranea all'emergere di problemi connessi con l'omosessualità, definita come una preferenza sessuale predominante e persistente per persone dello stesso sesso.
Una componente tanto chiassosa quanto minoritaria del mondo omosessuale è costituita dagli attivisti gay, che si prefiggono l'accettazione, da parte della società, dell'omosessualità come variante "naturale" dell'orientamento sessuale umano.
È importante distinguere fra omosessuali e gay: il termine "omosessualità" indica una tendenza o inclinazione sessuale, mentre il termine gay indica un'identità socio-politica. Non tutte le persone con inclinazione omosessuale s'identificano nello stile di vita gay, anzi: la maggioranza di loro non è orgogliosa di tale inclinazione, non considera "normale" la propria omosessualità e non teorizza il riconoscimento dello stile di vita gay come positivo per sé e per la società .
Da queste poche parole si capisce benissimo come il pensiero di molti psicoterapeuti riparatori sia estremamente distante dalla psicologia di base e dalle ricerche scientifiche. Piuttosto essi si rifanno alle congetture religiose contro l'omosessualità. In questa confusione fra psicologia e religione a farne le spese, tanto per cambiare, sono soprattutto le donne. La parola lesbica non viene quasi mai citata da Aardweg e da Nicolosi, si parla di omosessualità femminile e si arriva a sostenere che:
Una donna omosessuale deve avvicinarsi ai suoi ruoli “femminili”. Deve superare, per esempio, l'avversione per la cucina o quello di servire gli ospiti, per la cura dei bambini, per le faccende domestiche. Dovrebbero fare esercizi di remissività e obbedienza
Ora mettiamoci per un attimo nei panni di una persona minorenne che vive in una famiglia omofoba, pensiamo per un attimo di avere quindici anni. Non capiamo cosa sta accadendo attorno a noi, la nostra famiglia ci dice che siamo sbagliati, la società ci dice che siamo deviati. Ci viene offerta una “via di fuga”, ci viene detto che possiamo guarire, ci obbligano a pensare che siamo sbagliati.
Non so voi ma in cuor mio so di non poter permettere che un qualsiasi ragazzo o una qualsiasi ragazza si senta sbagliat* e sporc* e decida, forse, di fare un salto dal sesto piano per mettere fine all'odio che lo/la circonda.
I metodi per “uscire” dall'omosessualità sono legati a pratiche religiose e all'auto-annullamento del proprio Io.
Queste persone, gli psicologi riparatori, ci dicono che l'omosessualità è uno dei mezzi usati dal diavolo per creare disordine. Essi sostengono di non obbligare la gente a curarsi ma di accogliere le richieste di aiuto delle persone omosessuali. I metodi usati non trovano nessun riscontro concreto (a parte qualche testimonianza di “ex gay”) e non esistono criteri di ricerca espliciti e verificabili, non vengono neppure fornite descrizioni metodologiche.
Eppure la chiesa spinge per vedere attuate le terapie riparative.
Come avvengono queste terapie?
Attraverso l'autoanalisi, la preghiera, l'autosorveglianza, l'ammissione pubblica delle proprie tendenze, il pentimento, l'esercizio spirituale.
Queste terapie hanno trovato spazio anche in Italia ed esistono gruppi di “sostegno” che, probabilmente, le attuano. Oltre ai già citati alleanza cattolica e obiettivo chaire vi invito a visitare anche questi altri siti:






Che cosa possiamo fare contro la diffusione di queste terapie?
Come singoli occorre informarsi, c'è dell'ottima letteratura in commercio: “Gay e lesbiche in psicoterapia” a cura di Paolo Rigliano (che tratta un intero capitolo sul tema) e Margherita Graglia, autrice anche di “Psicoterapia e omosessualità” e “Essere omosessuali” di Richard Isay giusto per citarne alcuni.
Come gruppi invece trovo che la lotta alle terapie riparative sia poco presa in considerazione. Non vedo azioni forti e sarebbe il caso di cominciare ad agire in modo deciso.
Intanto rivolgendosi agli ordini dei medici e degli psicologi e psichiatri perché prendano una posizione univoca sulla questione delle terapie riparative. Dovremmo chiedere di bandire dall'albo coloro che ne fanno esercizio, occorrerebbe chiedere maggiore attenzione sulla confusione fra credenze religiose e medicina e/o psicoterapia, si dovrebbe attivare un'inchiesta per capire se queste terapie sono pericolose, da chi vengono fatte, in quale modo e a chi sono rivolte. Rilancio con forza la richiesta di un intervento di gruppo a livello giuridico e legislativo per chiedere che queste azioni vengano vietate alle persone minorenni e ritengo opportuna una richiesta di risarcimento contro le diffamazioni nei confronti delle associaizoni omosessuali da parte dei gruppi religiosi o delle singole persone che professano tali argomenti. Un'altra cosa utile sarebbe tradurre il materiale sui risultati delle terapie riparative e sui danni verso chi si sottopone spontaneamente o vi è costretto ( http://www.apa.org/pi/lgbt/resources/therapeutic-response.pdf ).
E poi ancora raccolte firme, richiesta di inchieste giornalistiche di qualità, petizioni all'Unione Europea, richiesta di commissioni per capire chi sia coinvolto e per quali motivi. Il movimento GLBT potrebbe fare moltissimo, non capisco il perché di questo silenzio e di questo immobilismo.

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Alice Boum © www.Blogger.com changed Un Blog di Disobbedienza Creativa by http://aliceboum.blogspot.com