Ad ogni tornata elettorale appare sempre più evidente il fatto che la mia percezione dell'Italia sia falsata. L’aspetto positivo di questa triste storia è che non sono l’unica. Ma, pur non essendo l’unica, i pezzi mancanti del mio puzzle non li troverò su questa sponda del fiume.
Non per scelta, ma mi ritrovo sempre a discutere con persone che hanno una mia stessa visione del mondo. Non identica, certo, ma nemmeno troppo distante. Il risultato è che da sedici anni a questa parte, dò sempre per scontato che Mister B. non goda della maggioranza del consenso nel nostro paese. Ovviamente mi sbaglio, e non di poco.
La prima volta che ho goduto del mio diritto/dovere al voto politico era il lontano 2001. Ricordo d’essere stata talmente emozionata d’essermi recata a votare solamente nella tarda serata di quel 13 maggio. Non volevo che “finisse subito”. Volevo godermi il mio dovere/diritto fino alla fine, fino in fondo.
La mia migliore amica, anche lei emozionantissima, mi disse che, avendole consegnato una matita e temendo, lei, che qualcuno cancellasse il suo voto, lo aveva espresso, il voto, con la sua personalissima e fedelissima bic. Nullo!
Scoprendo l’arcano della “matita magica”, crollò sul punto di piangere.
Quando si dice che la prima volta non si scorda mai, non ci si sbaglia nemmeno quando all’amore lo fai con le elezioni politiche.
Il 2001 era l’anno della Silvio Story, quel giornalino recapitato nelle case di milioni di italiani che recitava l’apologia di un matrimonio che finirà nel più osceno dei modi pochi anni più tardi. Era l’anno in cui Iva Zanicchi proponeva un “e diamogliela questa possibilità”.
Era l’anno in cui, il 14 di maggio, io e l’amica di cui sopra, marinammo la scuola in segno di protesta. Acquistammo tutti i quotidiani, svaligiammo l’edicola perché volevamo capire esattamente cosa fosse successo, come potesse essere accaduto. E ci esibimmo, in fondo, in uno sciopero bianco, cosciente, indignato, attivo.
Perché “perdere”, la prima volta che esprimi un voto, brucia in maniera strana. Ma come? Mi pareva d’essere stata attenta, d’essermi informata, ho perfino utilizzato la matita giusta, io! Una grande ingiustizia, insomma.
Da quella volta in poi, ogni volta, ti vien voglia di fare come tuo nonno faceva con le squadre di calcio. Per chi tifi? Per la prima in classifica: vittoria assicurata.
Perché vincere, in fondo, piace proprio a tutti. A parte alla gente che in Italia si ostina da quarant’anni a votare a sinistra e agli interisti, fino a qualche anno fa.
La verità è che è frustrante vivere in un paese che non capisci, è deprimente non riuscire ad intuire "dove stiamo andando". Dare per scontato che la tua visione del mondo sia quella prevalente e risvegliarsi all'improvviso in un un mondo completamente diverso.
Probabilmente da "grande", in un luogo nel quale lavorativamente parlando, se tutto va bene, diventi grande a quarant'anni, vorrei fare la giornalista proprio perchè vorrei raccontare il mondo così com'è. In pratica, per riuscire ad avere una giusta considerazione dei pesi politici che reggono i fili di questo paese; per avere un'esatta percezione delle dinamiche sociali, dei fatti, dei risultati elettorali.
Tutti dicono che il nostro belpaese è spezzato in due. Io lo so, lo so bene. Mi ritrovo qui, di fronte al computer, a guardare il made in Italy da un occhio solo, respirarlo da una sola narice.
Non è cambiato granché dal 2001 ad oggi. Che è quasi il 2001 se non fosse che l’uno e il secondo zero sono invertiti. A parte la parentesi prodiana, Mister B. continua a vincere. A parte la parentesi prodiana, c’è chi continua a perdere, anche se nel frattempo ha imparato che la matita dentro al seggio è copiativa; si finge una matita, ma è indelebile.
Di differente, rispetto al 2001, c’è che oggi non abbiamo nemmeno diritto allo sciopero bianco, perché siamo disoccupate. Stiamo al 28% e tra questi i più colpiti sono i giovani e tra i giovani, le donne.
Siamo noi, io e la mia amica. L’Adamo ed Eva della creazione politica, condannate ad espiare quel peccato originale.
Se solo avessimo scelto Silvio. Oggi la crisi non ci morderebbe le chiappe, oggi una starebbe in vacanza al Parlamento Europeo, l’altra reciterebbe da cani a Centovetrine. Se solo avessimo scelto Silvio, oggi riusciremmo a guardare il Tg1 senza vomitare. Se solo avessimo dato retta ad Iva, che ce lo aveva letto nel palmo della mano, oggi avremmo un figlio e si chiamerebbe Giovanni Come Questa Piazza. Oggi saremmo ottimiste. Oggi faremmo parte di quel milione di “femmine e maschi” che cantano Apicella.
Pensare ad un mondo in cui tu non fossi stato tu, ti fa capire quanto possa essere importante esserci. Ti fa misurare, con attenzione, ogni scelta. Te le fa valutare, le scelte. Ti permette di dire esattamente dove saresti stato, chi non saresti stato. Probabilmente hai sbagliato tutto, ma tu sei tu e riscoprirlo, di tanto in tanto, ti strappa un sorriso e ti riempie di forza.
La forza che l’aver scelto chi essere, ti lascia addosso.