martedì 6 aprile 2010

MATITE COPIATIVE: FINGONO DI ESSERE CHI NON SONO. IO NO.

Ad ogni tornata elettorale appare sempre più evidente il fatto che la mia percezione dell'Italia sia falsata. L’aspetto positivo di questa triste storia è che non sono l’unica. Ma, pur non essendo l’unica, i pezzi mancanti del mio puzzle non li troverò su questa sponda del fiume.
Non per scelta, ma mi ritrovo sempre a discutere con persone che hanno una mia stessa visione del mondo. Non identica, certo, ma nemmeno troppo distante. Il risultato è che da sedici anni a questa parte, dò sempre per scontato che Mister B. non goda della maggioranza del consenso nel nostro paese. Ovviamente mi sbaglio, e non di poco.

La prima volta che ho goduto del mio diritto/dovere al voto politico era il lontano 2001. Ricordo d’essere stata talmente emozionata d’essermi recata a votare solamente nella tarda serata di quel 13 maggio. Non volevo che “finisse subito”. Volevo godermi il mio dovere/diritto fino alla fine, fino in fondo.
La mia migliore amica, anche lei emozionantissima, mi disse che, avendole consegnato una matita e temendo, lei, che qualcuno cancellasse il suo voto, lo aveva espresso, il voto, con la sua personalissima e fedelissima bic. Nullo!
Scoprendo l’arcano della “matita magica”, crollò sul punto di piangere.
Quando si dice che la prima volta non si scorda mai, non ci si sbaglia nemmeno quando all’amore lo fai con le elezioni politiche.

Il 2001 era l’anno della Silvio Story, quel giornalino recapitato nelle case di milioni di italiani che recitava l’apologia di un matrimonio che finirà nel più osceno dei modi pochi anni più tardi. Era l’anno in cui Iva Zanicchi proponeva un “e diamogliela questa possibilità”.
Era l’anno in cui, il 14 di maggio, io e l’amica di cui sopra, marinammo la scuola in segno di protesta. Acquistammo tutti i quotidiani, svaligiammo l’edicola perché volevamo capire esattamente cosa fosse successo, come potesse essere accaduto. E ci esibimmo, in fondo, in uno sciopero bianco, cosciente, indignato, attivo.
Perché “perdere”, la prima volta che esprimi un voto, brucia in maniera strana. Ma come? Mi pareva d’essere stata attenta, d’essermi informata, ho perfino utilizzato la matita giusta, io! Una grande ingiustizia, insomma.
Da quella volta in poi, ogni volta, ti vien voglia di fare come tuo nonno faceva con le squadre di calcio. Per chi tifi? Per la prima in classifica: vittoria assicurata.
Perché vincere, in fondo, piace proprio a tutti. A parte alla gente che in Italia si ostina da quarant’anni a votare a sinistra e agli interisti, fino a qualche anno fa.

La verità è che è frustrante vivere in un paese che non capisci, è deprimente non riuscire ad intuire "dove stiamo andando". Dare per scontato che la tua visione del mondo sia quella prevalente e risvegliarsi all'improvviso in un un mondo completamente diverso.
Probabilmente da "grande", in un luogo nel quale lavorativamente parlando, se tutto va bene, diventi grande a quarant'anni, vorrei fare la giornalista proprio perchè vorrei raccontare il mondo così com'è. In pratica, per riuscire ad avere una giusta considerazione dei pesi politici che reggono i fili di questo paese; per avere un'esatta percezione delle dinamiche sociali, dei fatti, dei risultati elettorali.
Tutti dicono che il nostro belpaese è spezzato in due. Io lo so, lo so bene. Mi ritrovo qui, di fronte al computer, a guardare il made in Italy da un occhio solo, respirarlo da una sola narice. 

Non è cambiato granché dal 2001 ad oggi. Che è quasi il 2001 se non fosse che l’uno e il secondo zero sono invertiti. A parte la parentesi prodiana, Mister B. continua a vincere. A parte la parentesi prodiana, c’è chi continua a perdere, anche se nel frattempo ha imparato che la matita dentro al seggio è copiativa; si finge una matita, ma è indelebile.
Di differente, rispetto al 2001, c’è che oggi non abbiamo nemmeno diritto allo sciopero bianco, perché siamo disoccupate. Stiamo al 28% e tra questi i più colpiti sono i giovani e tra i giovani, le donne.
Siamo noi, io e la mia amica. L’Adamo ed Eva della creazione politica, condannate ad espiare quel peccato originale.
Se solo avessimo scelto Silvio. Oggi la crisi non ci morderebbe le chiappe, oggi una starebbe in vacanza al Parlamento Europeo, l’altra reciterebbe da cani a Centovetrine. Se solo avessimo scelto Silvio, oggi riusciremmo a guardare il Tg1 senza vomitare. Se solo avessimo dato retta ad Iva, che ce lo aveva letto nel palmo della mano, oggi avremmo un figlio e si chiamerebbe Giovanni Come Questa Piazza. Oggi saremmo ottimiste. Oggi faremmo parte di quel milione di “femmine e maschi” che cantano Apicella. 

Pensare ad un mondo in cui tu non fossi stato tu, ti fa capire quanto possa essere importante esserci. Ti fa misurare, con attenzione, ogni scelta. Te le fa valutare, le scelte. Ti permette di dire esattamente dove saresti stato, chi non saresti stato. Probabilmente hai sbagliato tutto, ma tu sei tu e riscoprirlo, di tanto in tanto, ti strappa un sorriso e ti riempie di forza.
La forza che l’aver scelto chi essere, ti lascia addosso.

4 commenti:

  1. Come non riconoscermi in quella stramaledetta matita?

    Quella matita è rimasto un pezzo della mia storia personale, la prova tangibile del fatto che il mondo non segue la mia logica.

    Non la segue il mondo come non la seguono le opinioni della gente, le dinamiche di voto, i risultati delle elezioni come quelli delle gare di nuoto.

    In fondo non è come aver compilato centinaia di schedine e non aver mai vinto, è più come aver compilato centinaia di moduli senza mai aver davvero capito come si fa.

    E dopo quasi 10 anni ripenso a quel cappuccino, a tutto ciò che avevamo previsto e si è avverato e penso che no, non è vero, hai detto una marea di fesserie: il mondo SEGUE le nostre logiche.

    Di fronte a quei giornali sul tavolo, di fronte all'importanza di cui avevamo investito il nostro primo voto, noi avevamo battezzato un pezzo importante delle nostre identità. E mentre tutto si disperde, mentre i cappuccini insieme scarseggiano e i giornali non meritano più di essere comprati in quantità e distesi sul tavolo "per capire cosa è successo", noi resistiamo nel nostro intento di essere civili, di fare sacrifici per andare a scrivere una x su una scheda (con gli anni ho imparato anche a sopportare la maledetta matita). Ma sopratutto continuiamo a guardarci intorno e a riconoscere ciò che da 10 anni avevamo previsto.

    Forse, allora, non è una questione di vincere o perdere, quanto una questione di dinamiche.
    E c'è pure la buona notizia: le possiamo comprendere.

    Comprendere queste dinamiche significa, se vogliamo ben vedere, poter anche trovare le leve per deviarle, cambiarle, indirizzarle. Credo che la causa della nostra impotenza non sia il non riuscire a vedere o a capire, o non essere "dentro la logica". E' più che altro il fatto di aver visto troppo in là, di essere state un po' Cassandre.

    Lungi da me l'essere presuntuosa, sono solo diversi tipi di ragionamento: noi siamo più induttive e andiamo a scavare nel futuro, tante altre persone sono deduttive e si concentrano sull'adesso, che magari noi non vediamo con nitidezza.

    E se trovassimo un punto a metà strada?
    E se riuscissimo a dialogare con le persone a partire da una forma mentis differente?
    I nostri bisogni sono nel futuro, quelli di tante persone nel presente. Cerchiamo di farli incontrare.

    Io credo ancora in quei cappuccini, credo ancora nel nostro sciopero bianco, credo ancora in quel germoglio di forte civiltà che ci siamo sempre portate dentro, e sono qui per dirti: credici anche tu, amica mia.
    Io ci credo ancora.

    RispondiElimina
  2. è bello leggere di persone che ci credono ancora, credo che oggi sia questa la più grande azione sociale che possiamo fare: crederci ancora e andarlo a dire in giro, chi sa che non ci scapi una rivoluzione...

    RispondiElimina
  3. A mio avviso in tutto il mondo non esistono grandi differenze tra centro dx e centro sx, infatti c'è uno stesso modello economico(neoliberismo selvaggio) che lascia sempre e cmq l'essere umano come un accessorio e non come preoccupazione centrale. Di conseguenza le esigenze basiche dell'essere umano(lavoro, salute, educazione, ecc)si devono adeguare alle scelte economiche, politiche, e non viceversa come dovrebbe essere. Da questo punto di vista il nemico è chiaro: la plutocrazia(chiamata anche demo-pluto-dittatura). La sottomissione dell'essere umano di fronte al capitale finanziario speculativo internazionale, che detta legge in ogni Paese(soprattutto nei c.d "democratici")del mondo e lo fa con le "buone maniere" o con le "cattive" quando si rendono necessarie; che lo fa o attraverso i suo "amministratori locali"(come mister B o mister P) e se non basta attraverso l'uso dell'apparato militar industriale di super potenze al servizio del capitale. Non credo più al racconto dei buoni ed i cattivi, di dx o sx, che poi sono tutti di centro. Certo, è vero che mister B. è particolarmente sgradevole e corrotto, ma noi più che aver bisogno di mandarlo via per far arrivare altri opportunisti di turno, abbiamo bisogno di una rivoluzione totale, e non solo in Italia: una rivoluzione culturale, sociale, personale. Questo "tema" ha più a che vedere con una concezione dell'essere umano(e quindi una visione di società che si adegui a questa concezione) che non con una visione da guerra fredda che vede contrapposte(secondo me ingenuamente) due fazioni(pd - pdl in questo caso, ma è eguale in tutto il mondo o quasi) che lavorano per lo stesso obiettivo: il capitale mondiale sempre più concentrato e sempre più mondializzato, che detta legge e che ormai più nessuno mette in discussione.
    Sono uno di quelli che non è abituato a vincere, che piuttosto che dover dare il voto a una delle due facce della stessa medaglia, preferisce votare NULLO, o per coloro che mettono in discussione il modello. Altrimenti, l'argomento per cui votiamo il meno peggio(per la sola ragione che ha più possibilità di vincere rispetto agli altri), non mi sembra tanto diverso rispetto a chi(con le parole di Giorgio Gaber, nella sua bellissima e sempre più attuale canzone "il conformista") si "allena a scivolare nel mare della maggioranza". Ecco perché il problema non è votare centro dx o centro sx, ma votare per questo modello di mondo che conosciamo oppure per un modello di mondo diverso, che personalmente incomincio a percepire sempre di più come qualcosa di fattibile, con tutte le difficoltà e le conseguenze che lascerà l'ormai imminente crollo di questo sistema mondializzato. Bisogna si pensare alla situazione italiana, ma bisogna anche guardare al resto del mondo e rendersi conto che la situazione e molto ma molto simile e che i decisori non cambiano, cosi come non cambia il ricatto del "meno peggio", che ci lascia in un totale e rassegnato immobilismo che dona ulteriore grasso all'ingranaggio storico, o in altre parole, che contribuisce all'inerzia dello stato attuale della "cosa" pubblica. Dobbiamo scommettere per un'altro mondo comprendendo che ogni processo sociale è nato piccolo e dal basso e consapevoli che dovremo presto dare risposte di fronte al crollo di questo sistema(che da solo cadrà lasciando conseguenze nefaste, ma necessarie per andare avanti). Di fronte a tutto questo mister B. mi sembra uno scherzo, un aneddoto della storia.
    (scusate la lunghezza ed il disordine ma ci sarebbe molto molto di più da dire su questo argomento quindi capita di dover semplificare la cosa per evitare di annoiarvi troppo).

    RispondiElimina
  4. Sono eccezionalmente d'accordo.

    Sono anche sicura che ci sia un notevole numero di persone che sente (intimamente o pubblicamente) il bisogno di cambiare i modelli attuali e che subisce la mancanza di proposte realmente alternative.

    A mio parere l'identificazione del potere col ruolo gestionale è il punto focale su cui ci si dovrebbe concentrare. Al tempo stesso credo anche che in Italia il terreno per questo cambiamento possa essere un po' meno fertile di altri stati per via di un'impostazione culturale nei confronti del problem solving.

    Mi spiego meglio: secoli di cattolicesimo hanno improntato il nostro comportamento sociale su un modello di giudizio, piuttosto che su un modello progettuale come quello protestante: tutto questo è una ovvia generalizzazione, ma al tempo stesso una innegabile verità. In Italia di fronte a un problema la maggiore leva sulla popolazione è scoprire "di chi è la colpa", mentre, ad esempio, in Germania è trovare una soluzione socialmente positiva.
    Uno sguardo costante al passato contro uno sguardo che cerca di andare verso il futuro.

    Vincere queste resistenze è sicuramente una grande sfida, ma proprio noi "nuova generazione" possiamo perlomeno staccarci da questa corrente e cercare di individuare modelli e matrici di comportamento che sono da smantellare.

    Ad esempio, sono convinta che ci sia il bisogno di focalizzarsi su un cambiamento da gestione=potere a gestione=responsabilità. Un esempio è quello ministeriale: non rappresentanti politicizzati portatori di una qualche idea-politica-fantoccio, ma rappresentanti interni delle categorie, che conoscano appieno le problematiche del settore e possano migliorarne la gestione con la propositività e non con il mantenimento di uno status.

    So che tutto ciò può apparire utopico, ma c'è il bisogno di far crescere delle reali liste civiche, composte da persone consapevoli della morte della politica dei partiti e disposte a trarre soddisfazione non da uno stipendio di migliaia di euro, ma dall'applicazione onesta e evolutiva delle loro competenze.

    A livello di sviluppo del progetto serve una forte componente comunicativa che, scusatemi la presunzione, è ciò di cui mi occupo quotidianamente: servono valori condivisi e speranze condivise, servono leve nel cuore delle persone prima ancora che nel loro cervello.

    Sono anche d'accordo sul fatto che mister B sia in effetti un aneddoto minimo nella grandezza della Storia, ma sono convinta anche che ci sia da imparare qualcosa nella sua scalata politica. Ci sono strumenti per la creazione del consenso che sono sicuramente da studiare e analizzare per trarne profitto in altre iniziative (magari utilizzandoli con un'etica decisamente differente).

    Al momento (e sfido chiunque a darmi torto) è il modello da studiare, metabolizzare e superare.

    Mi piacerebbe scoprire se ci sono altre persone a cui interessa lo studio di questa situazione e di nuovi modelli da proporre. Studiare la situazione, elaborare un piano e metterlo in pratica: non è un bel senso da dare alla propria vita?

    So che anche questo mio secondo commento è molto lungo, ma questa discussione mi piace proprio: è una delle poche volte che non trovo la cappa di giudizi e rassegnazione ma uno spirito propositivo e positivo.

    Se volete rileggetevi questa citazione:
    http://www.studiodream.it/studio-grafico-siti-novita/?p=69
    secondo me è sempre un'illuminante fonte di coraggio.

    vi voglio bene.

    RispondiElimina

Alice Boum © www.Blogger.com changed Un Blog di Disobbedienza Creativa by http://aliceboum.blogspot.com